Nel nostro viaggio tra le intenzioni di semina lungo lo stivale siamo tornati in Sicilia, regione di cui avevamo già raccontato il drammatico raccolto della stagione 23-24. Si tratta di una situazione diametralmente opposta a quella delle Marche che abbiamo presentato nell’ultimo articolo (leggi qui).
Questa volta abbiamo parlato con Andrea Varvaro, imprenditore agricolo che gestisce un’azienda di 400 ettari distribuiti tra la provincia di Palermo e quella di Agrigento. La pesante siccità che perdura nella regione lo ha spinto a ripensare completamente le sue attività: per la prossima stagione l’intenzione è quella di non seminare frumento duro, evitando le ingenti perdite economiche che sta subendo in questi mesi. Molti sono gli agricoltori della sua zona a pensarla così e i terreni, che non hanno ancora ricevuto una goccia d’acqua, aspettano ancora le lavorazioni preparatorie.
Andrea, come è andata la scorsa stagione per il frumento duro?
La stagione 23-24 è stata pessima a causa della siccità: terreni che normalmente rendono 45-50 quintali ad ettaro hanno reso, più o meno, 5 quintali ad ettaro. Si pensi che avevo seminato un ottimo grano di prima riproduzione, avevo concimato in pre-semina e in copertura…insomma, avevo messo in atto tutte le pratiche colturali necessarie per realizzare un buon prodotto. A febbraio i campi erano molto belli: poi la carenza d’acqua ha impedito alle spighe di riempirsi adeguatamente. Si tratta, tra l’altro, di granella di ottima qualità che ha raggiunto anche valori di 16,5 di proteine. Nonostante ciò, i commercianti con cui lavoro non pagano più di 25 centesimi/kg: con i costi a 30 centesimi si è in perdita netta.
Questo accade perchè il grano arriva, con le navi, da tutte le parti del mondo. Seppure di pessima qualità, viene acquistato e pagato molto poco. Il risultato è che il nostro prodotto, seppure ottimo, non viene valorizzato. Non è possibile, per un imprenditore agricolo come me, proseguire con un’altra stagione come questa, con queste condizioni economiche.
Cosa farà, quindi, il prossimo autunno?
Nei miei terreni non ci sono alternative valide: l’unica alternativa è lasciarli a riposo, non seminare frumento ed evitare di incorrere in ulteriori perdite. Questa è la mia scelta per la prossima stagione…purtroppo, come imprenditore agricolo e con la mia estensione, ho solo oneri e nessuna sicurezza. Questo non solo per la variabile del meteo e del mercato ma, anche, per le norme che continuano a cambiare e a porre vincoli.
Non sono il solo in questa situazione: i terreni nelle nostre zone sono stati abbandonati, non è caduta una sola goccia d’acqua e non si è riusciti neanche ad avviare le lavorazioni preparatorie per le prossime semine. La crisi non è solo dei produttori di grano ma anche dell’intero sistema della filiera: i commercianti non hanno ricevuto il prodotto e stanno vivendo tensioni finanziarie, i contoterzisti non hanno lavorato perchè in tante zone non si è nemmeno trebbiato.
La siccità non ha colpito solo il frumento…
Tutta l’agricoltura siciliana è in difficoltà. Nella mia azienda produciamo anche olio di oliva, con 22 ettari di uliveto. Questo 2024 è un annus horribilis: dopo due stagioni di siccità ho le olive che seccano sull’albero e olivi centenari che sono ormai allo stremo. Non parliamo di irrigazioni di soccorso: i consorzi sono senza acqua e, se anche riescono a fornirla, il costo è elevatissimo considerando che la quota che riesce ad arrivare in azienda è minima a causa delle condutture fatiscenti.
Purtroppo la Sicilia sta soffrendo moltissimo e non riesce a valorizzare nè l’agricoltura, nè il turismo, settori che dovrebbero renderla ricchissima.
Cosa fanno le istituzioni?
La situazione di noi produttori è avvilente ma non c’è attenzione: la politica fa orecchie da mercante, siamo abbandonati. Sono arrivati alcuni contributi sulle paglie per gli allevatori ma nulla per i produttori di frumento: a nessuno interessa se gli italiani non producono più grano, l’industria si rifornisce altrove. Si pensi che la Sicilia era ricchissima di mulini: tra la provincia di Palermo, fino a Messina, ce n’era uno ogni 2-3 paesi. Allo stesso modo i pastifici erano numerosissimi. Questa realtà non c’è più, vi sono ormai piccole iniziative imprenditoriali che, però, non riescono a raggiungere il mercato di massa.
Autore: Azzurra Giorgio
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