L’estate sta finendo e le intenzioni di semina si stanno definendo: cosa semineranno i cerealicoltori italiani? Decideranno di abbandonare il frumento o proseguiranno nella coltivazione, affrontando le numerose avversità che ostacolano il successo dei raccolti? Parliamo degli effetti delle variazioni climatiche ma anche, e soprattutto, del sempre più complesso scenario di mercato. Servono competenze, agrotecniche, prodotti sempre più efficienti e attenti agli effetti sull’ambiente, questo è certo. Ma, forse prima di tutto, serve comprendere i meccanismi che regolano i mercati e porre in essere le strategie e gli strumenti in grado di gestirli al meglio: fare massa critica, organizzarsi, avere una voce unica è, probabilmente, il primo passo per riuscire ad avere un ruolo di rilievo con il nostro grano.
Iniziamo un viaggio in Italia in cui intervistiamo i cerealicoltori, dal Nord al Sud, sulle intenzioni di semina, provando ad andare in profondità sulle motivazioni retrostanti e sulle principali criticità a cui pongono attenzione nel realizzare le scelte. Partiamo dal Piemonte, con Roberto Gavio, agricoltore alessandrino che ci offre un panorama anche di alcuni colleghi della sua provincia.
Roberto, riguardo al frumento, quanto e cosa seminerà il prossimo autunno?
Ad oggi sto ancora riflettendo sul se e cosa seminerò…
Quali sono i motivi?
Dipende dall’andamento dei mercati e, soprattutto, dei prezzi! Oggi lavoriamo sotto ai costi di produzione, le importazioni determinano i prezzi che ci vengono riconosciuti, c’e’ un evidente e forte speculazione. C’è uno squilibrio fra prezzi in campagna e prezzi finali del prodotto trasformato al consumatore. La tentazione e’ quella di non seminare frumento per la campagna 24/25 : si tratta di un sentire che avverto anche da parte di tanti altri agricoltori, delusi, amareggiati, a volte anche arrabiati per i motivi prima citati.
Quali sono le principali criticità per la prossima stagione?
Le criticita’ prioritarie si possono riassumere in una necessità, senza la quale tutto diventa molto difficile: l’aumento dei prezzi in campagna e la riduzione dei costi di produzione. Le alternative alla semina del frumento, sia duro che tenero, non sono molte, anche rispetto ai vari areali in cui ci si trova ad operare, e ai vincoli della PAC che conosciamo. Per tutti i cereali, ma non solo, la redditivita’ -quando c’è- è minima. Personalmente, infatti, sto considerando di lasciare incolta una parte dei miei terreni, a set-aside volontario ben superiore a quello minimo (anche se non più obbligatorio).
Ci tengo a sottolineare quanto l’agricoltura sia un settore strategico per tutti, come ci hanno ricordato molti avvenimenti recenti, dalle guerre, alle crisi finanziare, alla pademia, alla speculazione sui mercati globali. La politica nazionale ed europea, a mio avviso, non può sottovalutare tutto ciò, sarebbe un ulteriore impoverimento generalizzato per economia e cittadini. Questo è il clima diffuso e preoccupato che oggi avverto tra moltissimi cerealicoltori!
Cosa faranno gli agricoltori della sua zona?
Ho avuto modo di sentire alcuni agricoltori della zona, riguardo alle prossime semine autunnali. Mi riferiscono che semineranno a grano una parte dei terreni aziendali ma con riduzioni di superficie rispetto alla campagna appena conclusa. Parliamo di riduzioni del 20/30%. Due di loro, in particolare, semineranno grano panificabile, nell’ambito di un contratto di filiera con il Consorzio Agrario. L’altro seminerà panificabile superiore, avendo un contratto di fornitura direttamente con un mulino della zona. Per tutti, comunque, il punto critico per la prossima stagione rimane il prezzo di vendita con la marginalità non sufficiente.
Autore: Azzurra Giorgio
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