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POCA ACQUA: CALA IL DURO

Le previsioni sulle semine di Carlo Maresca, Presidente FNP cereali alimentari Confagricoltura

E’ di alcuni giorni fa l’allarme lanciato da Francesco Vincenzi, presidente di ANBI, l’Associazione che riunisce i consorzi di bonifica del nostro paese: «le campagne foggiane sono ormai senza acqua». ANBI prosegue confermando che la Puglia attende una svolta «che scongiuri una nuova annata idricamente negativa: nonostante un incremento di mezzo milione di metri cubi in 7 giorni, le dighe della Capitanata trattengono ora mln. mc. 77,72 cioè il 23,42% dell’acqua invasabile; nel 2024 la sola diga di Occhito, in analogo periodo, ne raccolse quasi 11 milioni mentre, nella corrente annata idrologica, iniziata a Dicembre, gli invasi del Tavoliere, già in  grave sofferenza, hanno complessivamente raccolto solo 43 milioni di metri cubi d’acqua (l’anno scorso, quasi 100 miliardi di litri d’acqua in più non furono sufficienti ad irrigare i campi nell’estate più calda della storia!)».

Confagricoltura conferma l’allarme acqua

Anche Carlo Maresca, Presidente FNP cereali alimentari di Confagricoltura, contattato da Grano italiano, conferma la difficile situazione della Puglia: «in Puglia quest’anno non abbiamo grosse riserve d’acqua: le grandi dighe hanno raccolto volumi molto ridotti, tanto che l’invaso di Occhito, ad esempio, non potrà erogare acqua per irrigazione. Il consorzio di bonifica, infatti, ha dichiarato che non ci sarà possibilità di irrigare i campi con le riserve a disposizione, dovendo dare la precedenza agli usi civili. Si prevede una rilevante contrazione per la coltivazione dei pomodori: anche le riserve dei pozzi, infatti, sono in contrazione».

Abbiamo chiesto a Carlo Maresca come procede la stagione per il frumento duro nell’areale pugliese, essendo caduta così poca acqua nei mesi scorsi: «effettivamente non si era partiti bene, proprio per la carenza di acqua nei terreni. Per questo motivo, molti hanno deciso di spostare in avanti le semine, provando a scongiurare le emergenze stentate. Seppure in ritardo, dove si è seminato le precipitazioni diffuse di febbraio hanno cambiato la situazione. Oggi, ad inizio marzo, i campi si vedono abbastanza rigogliosi e hanno recuperato la partenza deficitaria».

Semine di duro in calo del 4-5%

I danni dovuti alla siccità della scorsa stagione, secondo le stime di Carlo Maresca, ha scoraggiato molti cerealicoltori per le semine di grano duro del 2024: «secondo le nostre previsioni, le superfici seminate a frumento duro sono in riduzione di circa il 4-5%, essenzialmente a causa della difficile annata precedente. C’è stata, infatti, una notevole contrazione delle produzioni a causa della siccità, in Puglia sicuramente da Foggia in giù: la riduzione delle produzioni del 2024 è stimata al 34-35% ed è stata, poi, accompagnata da un andamento dei prezzi abbastanza penalizzante. Questo a partire da almeno giugno-luglio 2024, seppure con una leggera ripresa registrata ad inizio 2025».

Difficile sostituire il grano duro

Cosa è successo ai terreni che non sono stati seminati a frumento duro? Lo abbiamo chiesto a Carlo Maresca che, coltivando circa 450 ettari di grano duro tra Puglia e Campania, ha una visione ampia sulle superfici cerealicole della zona. «Specialmente nelle zone più vocate al grano duro” ci dice, “sono tante le aziende che hanno deciso di non seminare, lasciando i terreni vuoti: lo scorso anno avevano avuto rese così basse da essere andati in perdita».

Altro tema, poi, è che le alternative al frumento duro sono davvero poche; secondo Carlo Maresca, orzo e avena sono anche coltivabili in diverse zone del sud ma si tratta di colture con sbocchi sul mercato ridotti: se si eccede con le quantità, è difficile collocarli a prezzi interessanti”. In merito alle leguminose da granella, poi, dichiara: «nelle nostre zone asciutte la più gettonata è il favino per uso zootecnico. Questo, però, attualmente spunta prezzi più bassi a causa della competizione con la soia che i mangimifici preferiscono per le condizioni particolarmente favorevoli. Altre, come pisello proteico e cece per uso alimentare, in numerose zone sono bersaglio della abbondante fauna selvatica: i danni sono talmente elevati che, al raccolto, i conti non tornano…non conviene».

In ogni caso, ci dichiara Carlo Maresca, «nelle mie aziende ho fatto la scelta di coltivare abbondante favino ma senza aderire all’ecoschema della PAC: effettuo diserbi e trattamenti contro le ruggini, altrimenti non riuscirei a raggiungere una adeguata redditività. Non impiegare prodotti fitosanitari sarebbe un controsenso per il bene dell’azienda».

In alto, foto di archivio.

Autore: Azzurra Giorgio

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