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SI TORNA ALLE ORIGINI…

Perchè è necessario recuperare certe prassi “storiche” per controllare le malerbe: ce lo spiega Fernando Di Chio

Prosegue l’intervista con Fernando Di Chio (nella foto), agronomo e Area Manager Sud di SIS (Società Italiana Sementi), sulle pratiche possibili per gli agricoltori per rinnovare la gestione delle erbe infestanti e recuperare resa nella coltivazione del frumento. La crescente diffusione delle infestanti e le normative sempre più stringenti sui prodotti impiegabili, impongono di innovare le pratiche di controllo, con quello che si configura proprio come un ritorno alle origini, nelle parole di Fernando Di Chio (leggi la prima parte dell’intervista).

Fernando Di Chio: tra resistenze in crescita e normative più stringenti sui prodotti impiegabili, si impone un pensiero nuovo per la gestione delle malerbe?

«Più che di un pensiero nuovo, parlerei di un ritorno alle origini: ora che ci si è resi conto che la ricerca stenta, a causa dei costi elevati nella registrazione di nuove molecole e di una politica comunitaria che punta a una riduzione dei principi attivi registrati, si ha un ritorno al passato. Sembrerà paradossale in un momento in cui tutti parlano di precision farming ma, in realtà, l’unico modo per difendersi dall’incremento delle resistenze ai diserbi è rappresentato, principalmente, da tecniche che si adottavano un tempo.

Tra queste, in primo luogo, vi è l’uso di principi attivi detti comunemente “antigerminello”, in cui il sito di azione per il controllo delle infestanti è differente dai principi attivi usati fino ad ora. Questi erano stati abbandonati in quanto il loro uso è fatto a prescindere dalla presenza della specie infestante. In pratica, tali diserbi debbono necessariamente essere adottati dalla semina fino alle prime fasi di sviluppo della pianta, inducendo l’inibizione della germinazione dei semi delle infestanti presenti, al contrario degli altri principi attivi che agiscono sull’infestante già presente. Il loro limite, però, si evidenzia laddove non si verifichi una copiosa pioggia nell’arco di poco tempo dopo la somministrazione. Questo, infatti, permette di creare una sorta di pellicola in grado di svolgere la funzione di inibizione della germinazione dei semi delle infestanti».

Ci sono, poi, anche le cover crop…

«Si tratta di un altro metodo mutuato dal passato e che sta trovando sempre più positivi riscontri. Il concetto delle “colture di copertura” per la difesa dalle malerbe è molto semplice: laddove si sviluppa una popolazione di specie, difficilmente altre troveranno lo spazio per crescere. L’adozione della cover crop offre innanzitutto una serie di vantaggi legati ad un arricchimento di biomassa, miglior porosità del suolo ed eventualmente a una fumigazione naturale del terreno. In più, adottando un miscuglio di essenze appartenenti anche a generi diversi (graminacee con leguminose e con brassicacee), fa in modo che si crei una sinergia tra loro a discapito di altre essenze che non trovano spazio per emergere.

Del resto, un tempo, quando un terreno manifestava presenza eccessiva di infestanti, si coltivavano foraggi perché lo sfalcio comportava la mancata produzione dei semi delle infestanti. Da figlio di agricoltore, posso testimoniarlo direttamente! Il concetto nell’uso delle cover drop rispecchia appieno questo principio: seminare cover, per poi trinciarle e interrarle prima che vadano a seme, e con esse inibire la maturazione dei semi di eventuali infestanti che si trovino nel campo».

Si tratta, quindi, di un controllo che possiamo definire meccanico…

«Esatto, un controllo “meccanico” che si esplica in due modi: la competizione a favore della cover crop che si rende più evidente se la cover è costituita da più essenze in percentuali diverse, ma tali da creare una sinergia in cui nessuna essenza prevale sulle altre. La distruzione, intesa come trinciatura, della cover e di qualunque essenza presente nel campo che comporta, quindi, la mancata produzione di semi e l’interruzione della progenie.

A questo controllo meccanico, però, si associa un altro aspetto: un genere in particolare di essenze, ossia le Brassicacee, sono in grado di emettere sostanze dette glucosilonati, capaci di inibire la germinazione dei semi. Queste sostanze, peraltro, producono nel suolo altri effetti positivi quali il controllo dei patogeni terricoli».

L’ultima parte dell’intervista verrà pubblicata sabato.

Autore: Azzurra Giorgio

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